L’U.P.P.I. apprende con sconcerto che, nel D.L. “Rilancio”, il Governo Conte non ha previsto alcuna correzione al decreto “Milleproroghe”, approvato prima della pandemia del Covid-19, che aveva ristretto, nell’anno 2020, l’applicazione della cedolare secca al 10% ai soli Comuni calamitosi con popolazione sotto i 10.000 abitanti.
Tale restrizione, relativa unicamente al 2020, già priva di ogni ragionevolezza prima dell’emergenza sanitaria è ora tanto più fuori luogo, a maggior ragione se si pensa che, dal 2021, così come fino al 2019, anche i comuni calamitosi sopra i 10.000 abitanti potranno beneficiare della cedolare secca al 10%.
L’U.P.P.I. invita quindi il Parlamento, in sede di conversione del D.L. “Rilancio”, a cancellare per il 2020 la discriminazione basata sul numero di abitanti.
L’U.P.P.I. chiede, inoltre, che il Parlamento, in sede di conversione del D.L. “Rilancio”, introduca la cedolare secca al 10% a tutti i contratti di locazione ad uso abitativo a canone concordato, stipulati in ogni comune, essendo stati tutti travolti da una profonda crisi economica che ha tolto a migliaia di famiglie la possibilità di pagare i canoni di locazione.
Per l’U.P.P.I. l’unica soluzione per ridurre le morosità e contrastare la grave crisi che sta colpendo il settore immobiliare e locatizio è il potenziamento dei contratti a canone concordato, con canoni inferiori a quelli di mercato, con un’estensione generalizzata della cedolare secca al 10%, in tutti gli oltre ottomila comuni italiani.
L’U.P.P.I. ritiene che la semplice introduzione di detrazioni fiscali non sarà sufficiente per la ripresa e solo un alleggerimento della tassazione sulla proprietà immobiliare consentirà al settore di riacquistare spinta e di giovare all’economia del Paese intero permettendo al P.I.L. di ricominciare a crescere.
Roma, 18 giugno 2020